Quello che vedete qui sopra é lo “scandaloso” quadro di Damyanti Sharma, una pittrice di New Delhi, che é stato ritenuto “inappropriato” dal direttore della più importante galleria d’arte di Bombay, la Jehangir Art Gallery, per “timore che possa offendere la sensibilità” di qualche visitatore a causa del suo “forte contenuto erotico”.
L’ondata di sessofobia in India, e a Bombay in particolare, continua
dunque a crescere con rinnovato vigore. Il direttore della Jehangir Art
Gallery, il quale si é detto personalmente convinto dell’assurdità della
cosa, ha tuttavia sottolineato le conseguenze pratiche che la galleria
ha dovuto subire negli ultimissimi tempi a causa del “nuovo” moralismo
imperante nella metropoli: opere d’arte confiscate dalla polizia, spesso
con arresto in “fragranza di reato” dell’artista; chiusura della
mostra; pubblicità negativa sui media; attacchi più o meno violenti da
parte di appartenenti a precise (e note) forze politiche.
L’India, patria del Kamasutra, non é nuova a queste ondate
sessofobiche. Nel 1954 fece scalpore l’arresto del pittore Akbar
Padamsee, uno dei più grandi artisti contemporanei indiani, mandato in
carcere e poi processato per aver esibito in una mostra il suo quadro “The lovers”, raffigurato qui a fianco, in cui un uomo stilizzato appoggia la mano sul seno di una donna, anch’essa stilizzata.
Il processo, per cui si mobilitarono centinaia di personalità e
artisti del mondo intero (tra cui il critico d’arte tedesco Rudy
Vonleyden, che realizzò un corposo collage di fotografie erotiche tratte
dai templi di Khajurao e Konarak), vide poi assolto l’artista grazie ad
una formula di compromesso giuridico (il cosiddetto “Akbar Padamsee Code”), che sancì una sorta di extraterritorialità delle gallerie d’arte indiane dal comune senso di pudore del Paese.
Compromesso che, a giudicare da quello che sta succedendo, oggi pare
non reggere più alla forza d’urto delle spallate dei nuovi guardiani
della moralità indiana.
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